Raffaella Carrà, cosa è stata per noi?. Pubblico con molto affetto un ricordo a Raffaella Carrà scritto da due amici.
A cura di Pietro Romano e Ilaria Solazzo.
Cosa è stata per noi Raffaella Carrà?
Ilaria:
Cara Raffaella, scrivo con le lacrime agli occhi ricordandoti, perché nonostante il tuo corpo non è più tra noi, sei comunque sempre con noi, con me.
Raffaella Carrà, cosa è stata per noi?. Ti porto nel mio cuore, come si fa con una cara persona di famiglia.
Sei stata speciale, lo sei e lo sarai per sempre. In questi ultimi sette giorni l’ondata d’amore nei tuoi riguardi è stata grandissima.
Tutti i giornali del mondo hanno parlato di te… non con dei trafiletti, ma con delle lunghissime pagine che descrivono pienamente la tua brillante carriera.
Da credente quale sono, ringrazio Dio per avermi fatto avere questa passione grande nei tuoi confronti e questo amore immenso… la mia vita probabilmente non sarebbe stata luminosa, se mi fosse mancata la tua presenza.
Tu c’eri sempre nei momenti tristi e nei momenti gioiosi, (a tua insaputa), hai accompagnato la mia esistenza fin dagli inizi… sei nel mio DNA.
Sono nata nel 1983, mentre tu nel 1982 affiancavi Corrado in “Fantastico 3”.
Tra il 1983 e il 1985 conducevi “Pronto, Raffaella?”, con la partecipazione di Giorgio Faletti.
Questo programma, ti consacrò regina dell’intrattenimento e fu il primo in cui lavorasti con Gianni Boncompagni.
Nel 1984 vincesti il titolo di personaggio televisivo femminile a livello europeo dell’European TV Magazines Association.
Nella seconda metà degli anni ‘80 conducesti “Buonasera Raffaella” e “Domenica In”.
A unire le generazioni di ragazze italiane negli anni Ottanta c’eri solo tu. Guardavo senza avere la più pallida idea di stare assistendo alla storia della televisione.
Un’Italia che ha avuto una garbata, ma decisa spinta in avanti (anche) da parte di una donna coloratissima, inguainata in sexy tute di sbrilluccicanti strass e con un iconico caschetto biondo.
Ci hai fatto vedere che un ombelico può essere sensuale e innocente contemporaneamente, che un’artista può essere italiana, ma mai provinciale.
Raffaella Carrà, cosa è stata per noi?. Alla fine degli anni Ottanta passasti per un paio di anni a Fininvest, per poi far ritorno alla Rai nel 1990.
Hai, come dire, segnato anno dopo anno, la mia infanzia prima, fino ad accompagnarmi alla mia adolescenza.
Avevo all’incirca 11/12 anni nel 1995 e tu eri presente in tv con “Carràmba, che sorpresa”, programma andato in onda fino al 2002 e che poi è stato riproposto nella stagione televisiva 2008-2009.
Sullo stesso filone di “Carràmba” la trasmissione “Sogni”, andata in onda nel 2004. Nel 2006 sei stata in tv con “Amore” dedicato alla raccolta fondi attraverso la tv per le adozioni a distanza di bambini dei paesi più poveri del mondo.
E GRAZIE ad esso tanti di noi hanno aperto il cuore verso altri cuori. Nello stesso anno Tiziano Ferro pubblicò nell’album “Nessuno è solo” la canzone “E Raffaella è mia”, dedicata a te.
Sai, sono abituata a perdere chi amo: tutto andrà avanti, ma al tempo stesso tutto inevitabilmente cambierà.
Animo gentile e generoso, la tua risata, la tua allegria e il tuo modo di fare risplenderanno sempre in me.
“Tu ama e succederà sempre qualcosa” amavi dire, ed hai avuto ragione. Il tuo colore preferito era il giallo… colore del sole come solare era la tua personalità.
Entravi nelle case del tuo pubblico, compresa la mia, come il vento, uno zefiro fresco e malandrino. Il mondo intero amava il tuo talento, avevi le movenze d’un felino.
Il tuo “Carramba” sempre a noi vicino, le tue canzoni restano un concento di gioia e di piacere cristallino.
La tua risata rallegrava il cuore, un’alba al nuovo giorno il tuo sorriso. Credevi nella vita e nell’amore.
È difficile sorprendere una vera semplice farfalla capace di apparire all’improvviso sulla scena e di affascinare pubblico e artisti.
È una visione utopica, quasi irreale. Ma, a volte, i miracoli si avverano.
Basta avere avuto la fortuna di vedere volare, sopra invisibili ali, una fanciulla di nome Raffaella, segnata da un destino non facile, a cui tu hai saputo opporti con la forza della tua tenacia, della tua grazia, della tua umiltà.
ncarnavi la leggerezza e l’armonia di quella farfalla che incantava tutti mediante il piacere della voce, con le movenze di danza, ma, in particolare, con la forza dell’ironia che trovava nel tuo sorriso l’espressione più eloquente.
Nel perimetro della tua vita, hai vissuto con uguale dignità e spessore molte vite: la cantante, la ballerina, l’attrice, la star… riassunte ed esaltate nella tua arte pura, spontanea, innovativa, che puntava alla perfezione, senza dimenticare di appagare i gusti e le aspettative del pubblico, degli ammiratori, della gente.
Ecco perché le persone segnate dalla commozione, hanno sostato a lungo sotto il sole pur di renderti omaggio, pur di toccare la tua umile bara, per sentirti, ancora una volta, accanto a loro, viva nella tua cordialità, nel tuo stupore di ricevere quanto hai donato a piene mani.
Ci resta il tuo ricordo, ma ci manca la preziosità della tua presenza che, dal piccolo schermo, sapeva rendere più lieve la quotidianità dei nostri affanni.
Sei stata una tutrice, una ninfa del tubo catodico, una sollevatrice di morali bassi. Tu cara Raffaella non hai fatto la storia della televisione, tu eri la televisione.
Il tuo carisma ci ha fatto sentire bene. I miei primissimi ricordi d’infanzia riguardano proprio te. Sono nata il 21 gennaio 1983 e tu eri già la Raffaella Carrà internazionale.
Sei stata per me, un magnete irresistibile, qualcosa che riusciva ad attrarmi più di qualunque cartone animato o giocattolo…
Quel tuo sorriso unico, quelle movenze teatrali e al contempo spontanee, quei capelli studiati per muoversi con eleganza ad ogni tuo passo e per sottolineare ogni gesto, quelle canzoni leggere, ma cantate con “pathos” ed estrema convinzione… dandomi i primi assaggi di quella che un giorno avrei scoperto come disco – music.
Il filo rosso che lega queste canzoni ondeggia labile tra il passato e il presente, si muove tra i continenti, balla tra le onde del mare e vola tra le montagne.
Musica libera, lontana dai vincoli di genere, senza barriere. Inossidabile, inesauribile, versatile. Sei stata un piacere per gli occhi e per il cuore di tante bambine e adolescenti cresciute a pane e Carrà.
Mi hai insegnato la leggerezza con “Tanti auguri”, la seduzione con il “Tuca Tuca” e “A far l’amore comincia tu”, l’avventura con “Pedro”, a dimenticare i guai con “Ballo Ballo” e “Fiesta”.
Hai ispirato generazioni di showgirl senza che mai nessuna di loro sia arrivata nemmeno a poter lambire la tua immensa grandezza e leggerezza.
Sì, perché tu mia cara, nata in piena Seconda guerra mondiale e morta in mezzo a una pandemia dopo una malattia, hai saputo calcare il palco di ogni nazione del mondo, con energia e sensualità, per mostrarci sempre e soltanto il lato bello e lieve della vita.
Ci sarebbe da scrivere un libro sul tuo potere mediatico di donna sexy e seria al tempo stesso.
Una figura dall’impatto epocale, un’icona grafica, ma al contempo umana come una sorella/amica/mamma. Inclusiva.
Se c’era una figura capace di portare empatia tra le persone anche divergenti tra loro eri proprio tu. Tutti liberi di cantare e ballare le tue “canzoni”, pillole di allegria sincera.
Sì, perché non si è mai lodato abbastanza la tua personalità. Tanti a pontificare sul tuo talento, tanti a giudicarti come cantante o ballerina, quando tu, eternamente umile, eri la prima a sapere di non essere Carla Fracci o Maria Callas, e la prima a non pretendere di esserlo.
Raffaella Carrà, cosa è stata per noi?. Sei stata un insieme di cose difficili da definire.
Una voce appassionata dal timbro particolare, una danza scomposta e scatenata che provocava elettricità, ma soprattutto simbolo di rigore ed impegno, considerato che, partita come attrice, ti sei ritrovata a studiare negli anni per divenire credibile come cantante/showgirl, divenendo la più amata non solo degli italiani ma anche dei paesi latini, (che di certo hanno meno pregiudizi di noi).
Il tuo stile non ha eguali.
La tua esplosiva figura pareva riscattare tutti i cassetti chiusi del mondo, ci invitavi ad aprirli ed a ridere con te, qualunque contenuto avessero.
Hai liberato un po’ tutti, dalle grigie gabbie di conformismo che ci circondano da sempre, e lo hai fatto nella maniera più dolce e bella possibile, senza sbandierare ideologie e fare la “santona”.
Non credo esisterà mai più una figura del genere, così trasversale e sincera, ancor di più proprio per la tua splendida e ricercata figura d’iconicità universale.
Pirandello diceva in “Ciascuno a modo suo”: “Sapete cosa significa amare l’umanità? Significa soltanto questo: essere contenti di noi stessi.
Quando uno è contento di sé stesso, ama l’umanità”. Tu amavi l’umanità e l’hai dimostrato tante volte. Amavi dell’amore la bellezza che porta dentro solo la bontà, che ci dona una eterna giovinezza.
Da parte mia posso solo dire che in questi giorni ho vissuto un profondo sentimento di perdita, perdita di una persona di cui nei sogni avrei sempre voluto approfondire la conoscenza, di un punto fermo, di un’epoca, dell’infanzia, nonché di una vera e propria figura di “famiglia”, una di casa.
Qual è stata la tua ricetta? Parlare alla nostra pancia, alleggerirci, distrarci da tutto con un ancheggio o una scrollata di capelli.
Perché se la “preoccupazione” è una parola femminile, altrettanto lo è “allegria”, e tu hai saputo ribaltare la prima con la seconda lungo una carriera durata cinquant’anni.
Quando la radio trasmetteva la tua musica, la Ilaria bimba si metteva a cantare e ballare per casa. Artista e donna libera hai speso la tua vita entrando nel piccolo schermo delle case di tanta gente, rendendo la tua arte familiare così come il tuo volto.
La tua morte è stato un pugno nello stomaco inatteso, ma chi ti ha amato davvero, chi ti ha conosciuto, porterà sempre quella energia che emanavi nella tua risata e nella tua capacità di stupirti delle semplici cose.
Quel tuo essere umile e Diva-incosciente di esserlo, quel tuo essere scaramantica, quel tuo essere libera e anticonformista, coraggiosa nonostante le tue mille paure, proiettata al futuro sempre comunque ed innovativa mi ha conquistata.
Eri un universo immenso in una sola persona. In punta di piedi, per 50 anni, sei entrata nella vita delle persone portando allegria, con la consapevolezza che anche l’ultimo degli ultimi sapeva di essere ascoltato da te.
Mai volgare, mai sottomessa a mode e presenzialismo “a tutti costi”. Amavi dire “Il colore del vestito lo fa chi lo indossa”, come darti torto… è pura verità.
La tua voce risuona spesso ancora oggi e genera in me felicità e ricordi di un’infanzia di gioia, proiettata come sei sempre stata nella luce dei riflettori degli studi televisivi che ti hanno accolta.
In ogni stagione della mia vita sei stata un vortice di luce, sorrisi, musiche e ballate romantiche, lacrime liberatorie e risate contagiose.
Mi hai raccontato attraverso la tua infinita Arte cosa una donna può diventare nella vita, mi hai regalato amore infinito, senza saperlo mi hai dato coraggio di cambiare la mia vita completamente, mi hai aiutata a non morire e nei momenti più difficili… a lottare, bastava una tua canzone, la tua voce e io ricaricata di pura energia ero pronta a lottare.
Artista di prima grandezza, mito, icona mondiale. Avevi un’energia particolare e un grandissimo talento! Davvero unica, carismatica e speciale.
Solo riascoltando attentamente le tue interviste, quasi confessioni sorgive come le acque del torrente, si scoprono i tesori che serravi nell’animo, nel cuore e nella mente.
Il mondo dello spettacolo rappresenta la mitologia dei nostri tempi, perché impersona i sogni, i desideri e le aspirazioni di un’intera società che proietta in esso la sua vita.
È quindi naturale che la morte di un personaggio di quel mondo, quale tu sei stata, dia la sensazione del passaggio di un’epoca più della scomparsa di uno scrittore o di uno scienziato.
Raffaella Carrà, cosa è stata per noi?. La tua lunga carriera si è intrecciata agli anni più belli della mia vita.
Quando se ne va un artista del tuo calibro, che tutti abbiamo amato, grazie al quale abbiamo passato tanti sabati sera in allegria… se ne va una parte della nostra vita accumulata di ricordi bellissimi che ognuno di noi porterà per sempre fino alla fine dei giorni.
Continuerai ad esserci attraverso noi tuoi fans, in un pensiero, in una canzone cantata a squarciagola e nata all’improvviso in mezzo agli amici, in un ballo sfrenato, in un vestito elegante.
La vita ruba nel tempo i compagni di viaggio. La morte, l’allontanamento, la dimenticanza li portano via o portano via noi. Persone che ci hanno tenuto per mano sono scomparse.
Molti, segnati dalla sofferenza e dalla delusione, “vivono di fantasmi” e abbandonano i vivi. Io ho scelto di “vivere con i fantasmi” e ho nella mente e nel cuore (il ricordo è soprattutto emozione) chi mi ha donato anche per un attimo sé stesso con una carezza, una parola, uno sguardo.
Fantasmi e viventi sono i compagni degli ultimi passi del nostro viaggio. La morte fa meno paura se l’oscurità s’illumina dei loro sorrisi.
Resterai per sempre ineguagliabile.
Mia adorata grazie per tutto, m’inchino a te con amore e tanta gratitudine infinita.
Con tanto affetto ti invio un bacio e ti dico ancora una volta che ti voglio bene.
Ilaria Solazzo, fan, giornalista pubblicista, blogger ed autrice di libri.
Raffaella Carrà, cosa è stata per noi?.
Pietro:
Premetto che posso solo tentare di descrivere le mie sensazioni sulla grande signora Carrà.
In questo momento inevitabilmente oceaniche, perché, inaspettatamente, quanto, gradevolmente, coinvolto da Ilaria, la quale ha ritenuto opportuno affiancare il suo al mio modestissimo pensiero.
Considerando oggi la “Raffa Nazionale”, e forse non soltanto sull’attuale onda emotiva, mi viene in mente “Mamma Rai”, quasi come riflesso incondizionato, essendo, probabilmente, la figura che più di ogni altra ha rappresentato la televisione pubblica.
E aggiungo che se la Rai avesse un volto umano, avrebbe proprio quello di Raffaella, così come se avesse una voce, sarebbe la sua. L’inconfondibile suono della sua risata mi ha accompagnato per i miei quarantasette anni, come melodia familiare, coinvolgente, trascinante: una sorta di insolito, amatissimo, altro inno nazionale, insomma.
Ricordare, poi, come affrontava il centro della scena, porgendo pose con irripetibile grazia, con l’eleganza di una étoile, dalle mani sui fianchi, al bacino leggermente proteso in avanti, mostrando in tv il primo ombelico, riuscendo ad eludere, evidentemente, anche la censura, in quegli anni estremamente accorta e scrupolosa.
Risuonano fino a commuovermi ancora le sigle dei suoi programmi, a tutti gli effetti quanto a cura delle inquadrature e bellezza delle coreografie, antesignani dei successivi videoclip che oggi imperversano sui canali musicali di tutto il mondo.
L’abbiamo vista in bianco e nero e quando come per incanto divenne “a colori”, non subimmo alcuno sconvolgimento: quando appariva lei, lo schermo si illuminava comunque.
D’altra parte, se non c’è luce non c’è colore. È il colore che necessita di luce non l’inverso. Ed è proprio questo che definisce il calibro di un artista.
Nel 2012 portai in scena uno spettacolo dal titolo un po’ fuorviante, “Lassateme passà so’… Romano!”, nel quale affrontavo la storia della televisione italiana dalla nascita (3 gennaio 1954) all’arrivo del colore, ed in più occasioni fu inevitabile citare la “mitica” Raffaella anche perché quasi tutta la parte musicale dello show era basata proprio sulle sigle degli storici programmi Rai a partire da “Canzonissima” (edizione del ‘70 e del ‘74): cantavo “Felicità-tata”, “Ma che musica maestro” e poi “Chissà se va”, “Gente matta”, “Tuca, tuca”…
Aver avuto quell’opportunità mi fece rivivere in piccolo un’emozione indescrivibile, portandomi a sognare – o sentire davvero, chissà… – di essere collega di Corrado, di Manfredi, di Panelli, di Chiari, di Fabrizi, di Bramieri… come se avessi fatto parte anch’io di quel magico ed irripetibile modo televisivo.
Raffaella Carrà era (e sarà!) gelosamente conservata tra le mie muse ispiratrici (affatto strano, sebbene non fossi una ragazzina), rammaricato di non averla potuta conoscere né di aver avuto occasione di lavorare con lei: eppure proprio in quella performance, in cui indegnamente e scherzosamente la imitavo, ebbi la gioia (e la fortuna!) di avere in sala il re della danza e della coreografia, il maestro Gino Landi, sorprendentemente “trait d’union” tra “Raffa” e me, che quella sera mi fece un invito: di lì a qualche mese debuttai con “Giochiamo all’Operetta”, che Landi scrisse e diresse… (e un po’ anche per questo, grazie, Raffa!).
…E ancora mi piace perdermi nel rivedere i momenti in cui a farla ridere, come solo lei sapeva fare, fosse il superlativo maestro Gigi Proietti, al quale chiedeva sempre le irrinunciabili barzellette, o colui che ritengo il “padre” della mia comicità, Jerry Lewis, che la signora Carrà aveva incontrato, intervistato, stimato, amato…
Raffaella Carrà è l’immagine assoluta ed indiscussa della signorilità dell’artista, la perfetta coniugazione tra talento e finezza, l’autentico binomio tra scena ed umanità… Il resto, che tutti proviamo con inesprimibile nostalgia della sua straordinaria, poliedrica bellezza, lascerò che siano altri autorevoli colleghi ad esprimerlo… e chiuderò la mia semplice riflessione giocando con titoli e virgolettati che non smetteremo mai di cantare:
Ah, “Che dolor”, “Io non vivo senza te”, cara Raffaella… “Ma che musica, Maestro”, dovrà suonare per Lei, ora? Io, La pregherei, se può, di fare davvero tanto “Rumore”, ma “Forte, forte, forte”, perché sia sempre “Fiesta”, quella vera, che dà al cuore tanta “Felicità-ta-ta”; che si provi ancora “Amore, amore” e, poi, “Chissà se va”…
E se la nostra Lei dovesse essere “Innamorata” di “Pedro” o “Luca”, si tratterà di “Fatalità”: dunque, “A far l’amore comincia tu”… con “Tanti auguri”!
…“E salutala per me”, la mia cara cittadina del mondo, del suo mondo, l’unico in grado di mostrarsi infinito, pur restando “da Trieste in giù”, la mia, per sempre, adorata “Maga Maghella”.
Pietro Romano
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